USA - Le torture della CIA contaminano anche le confessioni fatte anni dopo a Guantanamo?

USA - Abd al-Rahim al-Nashiri

10 Luglio 2023 :

(07/07/2023) - Le torture della CIA contaminano anche le confessioni fatte anni dopo a Guantanamo?
Nelle fasi ancora preliminari del processo contro Abd al-Rahim al-Nashiri, accusato di aver organizzato l’attentato kamikaze contro l’incrociatore statunitense U.S.S. Cole, il giudice colonnello Lanny J. Acosta Jr., che a settembre lascerà l’esercito, vuole almeno risolvere una importante questione preliminare: in che modo e in che misura si possono utilizzare, processualmente, le confessioni estorte sotto tortura agli imputati. La questione è dirimente, e riguarda praticamente tutti i processi che sono stati incardinati a Guantanamo: gli imputati sono stati individuati attraverso informatori di cui non si vuole rivelare l’identità, e questo fa sì che in pratica contro di loro non esistano prove “convenzionali”, ma solo alcune ammissioni, spesso parziali, ottenute dalla CIA sotto tortura. I difensori d’ufficio degli imputati insistono molto sulla validità di queste confessioni, ed in effetti la questione crea molto imbarazzo in quanto potrebbe, un giorno, ritorcersi contro la stessa amministrazione statunitense, nel caso un suo militare o diplomatico venisse sequestrato all’estero e facesse “rivelazioni” sotto tortura. Nei mesi scorsi era trapelata, sotto forma di indiscrezione, una posizione dell’Amministrazione Biden contraria all’utilizzo delle confessioni “under duress”.
Il processo in questione è quello contro Abd al-Rahim al-Nashiri, che ora ha 58 anni, nato in Arabia Saudita, ritenuto il capo delle operazioni di al-Qaeda nell’area del Golfo Persico, catturato a Dubai nel 2002, e tenuto prigioniero dalla CIA per 4 anni nei suoi “siti neri” in Afghanistan, Thailandia, Polonia, Marocco, Lituania e Romania, e infine traferito a Guantanamo. Nashiri è stato condannato a morte in contumacia nel 2004 in Yemen con l’accusa di aver organizzato l’attentato, con un motoscafo carico di esplosivo, contro l’incrociatore USS Cole, che il 12 ottobre 2000, nel porto di Aden, causò la morte di 17 militari statunitensi e il ferimento di altri 37. Nashiri è anche ritenuto l’organizzatore di un attacco simile ad una petroliera francese, la Maritime Jewel, noleggiata dalla compagnia petrolifera indonesiana Petronas. L’attentato causò un morto nell’equipaggio, e la morte dei due attentatori suicidi, e lo spargimento in mare di molte tonnellate di petrolio. Nashiri è sospettato di altri attenti simili, seppure meno gravi.
Come è noto, dopo gli attentati dell’11 Settembre 2001, gli Stati Uniti hanno creato un ibrido tra le corti marziali e i tribunali federali, e le hanno denominate “Military Commissions”, tutte basate all’interno della base di Guantanamo, in una zona dell’isola di Cuba che gli Stati Uniti hanno ricevuto in “locazione perpetua” nel 1903.
Le Military Commissions sono considerate un “ibrido perché, per limitare la circolazione di informazioni giudici e giurati sono scelti tra il personale militare, ma non volendo riconoscere ai militanti (o sospetti tali) di al-Qaeda lo status di “combattenti”, bensì quello di “terroristi”, vengono loro assegnati non degli avvocati difensori militari, come avverrebbe in una normale corte marziale, ma degli avvocati (d’ufficio) civili, così come “civili” sono i procuratori (pubblica accusa), assegnati al caso direttamente dal Dipartimento di Giustizia, quello che in Italia chiameremmo ‘Ministero della Giustizia’.
Il 30 giugno un giudice Acosta ha ascoltato le argomentazioni finali su una questione fondamentale nella fase preliminare del processo: può una confessione dell’imputato essere usata nel processo, considerato che l’uomo è stato per anni nelle mani della Cia?
Il colonnello Acosta si ritirerà dall'esercito a settembre ed è determinato a concludere una parte della fase preliminare concentrandosi sulla questione della tortura.
Nelle argomentazioni conclusive, ha affrontato direttamente diverse questioni, tra cui se ciò che la CIA ha fatto all'imputato - waterboarding, privazione del sonno, averlo tenuto nudo in isolamento - costituiva tortura e/o “trattamento crudele e disumano”, ossia un comportamento vietato dalla costituzione degli Stati Uniti ma anche dai principali trattati internazionali, come ad esempio l’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo.
"Non lo ammetto in questo momento", ha risposto Edward R. Ryan, uno dei procuratori del Dipartimento di Giustizia che rappresentano la Pubblica Accusa.
Alla fine della giornata, tuttavia, Ryan ha riconosciuto che il Dipartimento di Giustizia aveva già ammesso che ciò che il signor Nashiri ha detto durante gli interrogatori della CIA "dovrebbe essere trattata come 'dichiarazioni ottenute mediante l'uso della tortura o con trattamenti crudeli, inumani o degradanti'".
Tuttavia, Ryan ha sostenuto che, una volta trasferito a Guantánamo, Nashiri ha preso parte volontariamente a tre giorni di interrogatori da parte di agenti governativi nel 2007, ed ha parlato delle proprie responsabilità nell’attentato al cacciatorpediniere Cole.
Ryan ha dedicato gran parte della sua argomentazione alla lettura di un resoconto di 34 pagine dell'interrogatorio da parte degli agenti federali e delle comunicazioni intercettate dal prigioniero nei mesi successivi al suo arrivo a Guantánamo Bay che lo hanno presentato come un prigioniero presuntuoso e a volte arrogante che ha parlato liberamente con chi lo interrogava.
Per illustrare che Nashiri avesse ben compreso la situazione, Ryan ha citato una intercettazione ambientale in cui Nashiri consigliava ad un altro prigioniero di “negare tutto, che l'incontro con queste persone non è obbligatorio".
Ma piuttosto che negare tutto, ha detto Ryan, l'imputato ha ammesso di essere "Bilal", un uomo che ha affittato una casa e ha trasferito i soldi versati ai due attentatori suicidi.
Annie W. Morgan, un avvocato difensore, ha ritratto il prigioniero saudita come un uomo distrutto al momento dei suoi interrogatori del 2007. Era già stato interrogato 200 volte dalla C.I.A. e non aveva motivo di credere che "un altro americano con un'altra maglietta polo" che veniva ad interrogarlo non glia vrebbe fatto del male.
"Non c'è nulla di volontario quando si valuta la totalità delle circostanze", ha detto la signora Morgan.
Ha ricordato al giudice che l'interrogatorio di Nashiri da parte di diversi inquirenti - le cosiddette squadre pulite - a Guantánamo nel 2007 si è svolto a Camp Echo, la stessa struttura della base della Marina degli Stati Uniti che in precedenza era stata un “sito nero”, sito nero dove Nashiri era stato tenuto dal 2003 fino a quando "è stato espulso da Guantánamo Bay per problemi di comportamento", ha detto. Per punizione è stato inviato in un altro ‘sito nero’ della CIA, questa volta in Europa, dove è stato violentato con l’inserimento di un ‘tubo di respirazione’ nel retto (sulle torture subite da Nashiri vedi NtC 02/06/2023). Quattro mesi dopo il suo ritorno a Guantánamo nel settembre 2006, l'F.B.I. ha effettuato gli interrogatori a Camp Echo, che era stato nel frattempo riconvertito ad uso militare.
Il giudice ha chiesto informazioni su testimonianze e documenti del 2006 e del 2007 che descrivevano il prigioniero all'epoca come “gestore del suo libero arbitrio, a volte bellicoso, che controllava il ritmo degli interrogatori, e consapevole dei suoi diritti.
La Morgan ha sottolineato la recente divulgazione da parte del governo degli Stati Uniti di una serie di videoregistrazioni segrete di Nashiri prelevato a forza dalla sua cella nel 2006 e nel 2007. "Questo è qualcuno che si è arreso", ha detto. Alcuni dei video sono stati proiettati per il giudice venerdì in una parte riservata dell'argomentazione conclusiva che escludeva sia il pubblico che l'imputato.
Ha anche citato un documento della CIA del 2004 desecretato recentemente, intitolato "piano di sfruttamento" (‘exploitation plan’, termine che in inglese sottintende anche l’abuso) che descriveva Nashiri come incapace di impegnarsi in una conversazione, in difficoltà anche solo per rispondere a domande con un sì o un no, e che mostrava segni di dislessia.
Un punto cruciale della questione che deve affrontare il giudice è il ‘principio di attenuazione’, ossia come ottenere una confessione incontaminata dopo una confessione forzata. Ryan ha affermato che gli "interrogatori delle squadre pulite" a Guantánamo nel 2007 hanno soddisfatto lo standard legale di un cambiamento di orario, cambiamento di luogo e cambiamento di identità dell'interrogante.
Il giudice Acosta sembrava scettico. Ha detto che i precedenti legali si basavano su episodi che non erano paragonabili a quanto accaduto al signor Nashiri nei siti neri. A un certo punto, ha spuntato questo elenco del resoconto dei trattamenti subiti da Nashiri: “Il waterboarding, la scatola, il muro, gli schiaffi, ecc., Il modo in cui è stato incatenato, isolamento, niente letti, pavimento di cemento, spogliato, rasato."
Dopo una pausa, ha aggiunto, "privazione del sonno".
Il giudice ha citato la testimonianza degli psicologi che, come contractors della C.I.A. hanno gestito Nashiri in Thailandia nel 2002. Avevano affermato che le loro "tecniche di interrogatorio potenziate" avevano lo scopo di creare un contratto sociale - fintanto che i prigionieri avessero collaborato, non sarebbero tornati ai "tempi brutti".
Il giudice ha riconosciuto questa settimana che i pubblici ministeri stavano ancora trovando e preparando prove riservate per il caso, inclusi altri video di Guantánamo che venivano ripuliti di alcuni segreti di sicurezza nazionale prima che il giudice e gli avvocati della difesa potessero vederli.
Il colonnello Acosta aveva precedentemente indicato che le 3 settimane di udienze che si sono concluse venerdì sarebbero state per lui le ultime sul caso, e che prima di ritirarsi avrebbe emesso una sentenza chiave si u questo argomento.
Nel frattempo, la professoressa Claudia Mazzuccato, un’amica di Caino, ci ha segnalato un articolo sul Guardian del 7 luglio, che fa seguito a quanto NtC aveva pubblicato il 3 aprile e il 2 giugno sul proprio sito, e il 29 maggio sull’Unità sull’eventualità che la chiusura definitiva del campo di prigionia di Guantanamo sia ormai al centro di reali trattative. Dal Guardian apprendiamo che una “investigatrice delle Nazioni Unite” ha potuto visitare Guantanamo per 4 giorni nel febbraio di quest’anno. Come è noto, attualmente a Guantanamo sono detenuti ‘solo’ 30 uomini (in passato erano stati 779), 17 dei quali potrebbero essere rilasciati se si trovasse un paese disposto ad accoglierli. 13 sono ancora considerati ‘di alto interesse nazionale’, e dopo tanti anni di spese e di sforzi gli Stati Uniti ci terrebbero veramente tanto a poterli “esibire” in un processo. Ma è ormai evidente a tutti, e lo “stallo” del processo Nashiri ne è ulteriore testimonianza, che le regole dello ‘stato di diritto’ hanno insormontabili difficoltà a subentrare in una serie di casi legali affidati per troppi anni ai semplici strumenti della tortura.
Come dicevamo, una incaricata delle Nazioni Unite ha potuto visitare Guantanamo. Fionnuala Ní Aoláin, avvocatessa irlandese, 56 anni, esperta in diritti umani, professoressa alla University of Minnesota e alla Queens University di Belfast, dal 2017 ricopre anche l’incarico di Special Rapporteur sulla promozione e protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali nella lotta al terrorismo per il Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite. In una lunga intervista al Guardian evidenzia anche lei che la storia di tortura che contamina la “Guerra al Terrorismo” impostata dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 si è rivelata del tutto controproducente, sia dal punto di vista del “danno morale” e di reputazione che ne hanno ricavato gli statunitensi, sia dal punto di vista della scarsità di informazioni così ottenute, e sia, soprattutto, per l’impossibilità ormai palese di celebrare i processi. La tortura, sempre giustificata dagli statunitensi perché fatta “nell’interesse delle vittime”, si è rivelata essere un danno insormontabile proprio per quel “interesse delle vittime” che si proponeva di servire.
Ní Aoláin avanza la stessa proposta che aveva fatto a giugno uno degli avvocati di Nashiri, Sylvain Savolainen: a questo punto, Nashiri deve essere scarcerato, e anche risarcito (vedi NtC 02/06/2023). È una richiesta eccessiva, considerata la scarsa propensione degli statunitensi verso i gesti di clemenza, ma sappiamo da fonti informali ma credibili, che una trattativa è in corso, e pur non prevedendo la scarcerazione, sul tavolo c’è un notevole miglioramento delle condizioni carcerarie.
l’Amministrazione USA chiede che quei pochi prigionieri che proprio non vuole liberare si dichiarino colpevoli (in modo da aggirare il tema della validità delle confessioni storte), e in cambio non saranno condannati a morte, e sconteranno la pena in un “normale” supercarcere federale, non in isolamento. La trattativa non si chiude perché gli imputati vorrebbero che a carico del governo venisse messa la terapia psicologica per i postumi delle torture subite, e il governo cerca un modo traverso per non dichiararsene responsabile. Ma i 13 detenuti “di alto interesse nazionale” a questo punto sono una vera spina nel fianco per il governo, e non è detto che i loro bravissimo avvocati difensori (americani) accettino con facilità una condanna all’ergastolo. È un braccio di ferro incredibile, fuori da qualsiasi logica dello stato di diritto, uomini arrestati 22 anni fa e ancora in attesa di processo. Difficile prevedere come finirà.

https://www.nytimes.com/2023/06/30/us/politics/guantanamo-cole-bombing.html
https://www.theguardian.com/us-news/2023/jul/07/guantanamo-bay-un-visit-torture-treatment

 

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