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AMNESTY: PAESI BOIA SEMPRE PIU’ ISOLATI

28 marzo 2011: i paesi che continuano a ricorrere alla pena di morte sono sempre piu’ isolati, dopo un decennio di progressi verso l’abolizione: e’ quanto emerge dal rapporto di Amnesty International ‘Condanne a morte ed esecuzioni nel 2010’, diffuso oggi.
Negli ultimi 10 anni, 31 paesi hanno abolito la pena di morte nella legge o nella prassi, mentre Cina, Iran, Arabia Saudita, Stati Uniti d’America e Yemen restano tra i paesi che piu’ frequentemente ricorrono alle esecuzioni, in alcuni casi in flagrante contraddizione col diritto internazionale dei diritti umani. Il numero complessivo delle esecuzioni ufficiali registrato da Amnesty International e’ calato da almeno 714 nel 2009 ad almeno 527 nel 2010, fatta eccezione per la Cina. Si crede che la Cina abbia messo a morte migliaia di prigionieri nel 2010, ma questo paese continua a mantenere il segreto sull’uso della pena di morte.
‘La minoranza degli stati che continua a usare sistematicamente la pena di morte e’ stata responsabile di migliaia di esecuzioni nel 2010, sfidando la tendenza globale contro la pena capitale’ – ha dichiarato Salil Shetty, Segretario generale di Amnesty.
‘Mentre le esecuzioni paiono essere in declino, un certo numero di paesi continua a emettere condanne a morte per reati legati alla droga, reati di natura economica, per relazioni sessuali tra adulti consenzienti e per blasfemia, violando il diritto internazionale dei diritti umani che vieta l’uso della pena capitale salvo per i crimini piu’ gravi’ – ha proseguito Shetty.
Due regioni, Asia e Medio Oriente, sono state responsabili della maggior parte delle esecuzioni nel 2010. La Cina ha usato la pena di morte nei confronti di migliaia di persone per un’ampia serie di reati, anche di natura non violenta e al termine di procedimenti che non hanno rispettato gli standard internazionali sui processi equi.
Un significativo numero di esecuzioni e condanne a morte nel 2010 ha riguardato reati legati alla droga in Arabia Saudita, Cina, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Indonesia, Iran, Laos, Libia, Malesia, Thailandia e Yemen.
Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Iran, Pakistan e Sudan hanno ignorato i divieti internazionali e hanno emesso condanne a morte per reati commessi a un’eta’ inferiore a 18 anni.
Il rapporto di Amnesty mette in evidenza una serie di passi indietro: nel 2010, sei paesi e territori hanno eseguito condanne a morte dopo un intervallo nelle esecuzioni e un paese ha esteso ad altri reati l’applicazione della pena capitale. ‘Nonostante i passi indietro, gli sviluppi del 2010 ci hanno ulteriormente avvicinato all’abolizione globale. Il presidente della Mongolia ha annunciato una moratoria sulla pena di morte, un passo importante in un paese dove la pena capitale e’ ancora un segreto di stato. Per la terza volta e con un sostegno ancora piu’ ampio, l’Assemblea Generale dell’Onu ha chiesto una moratoria globale sulle esecuzioni’- ha sottolineato Shetty. Dal 2003, meno della meta’ dei paesi mantenitori ha eseguito condanne a morte. Meno di un terzo di essi ha eseguito condanne a morte ogni anno nell’ultimo quadriennio. ‘Ogni paese che continua ad eseguire condanne a morte sfida le norme sui diritti umani e gli organismi delle Nazioni Unite, secondo cui obiettivo finale di ogni paese dovrebbe essere l’abolizione della pena capitale.
Negli Stati Uniti d’America, unico paese del continente Americano che esegue condanne a morte, nel 2010 sono state emesse 110 sentenze capitali, un terzo di quelle che si registravano a meta’ degli anni Novanta. Nel 2011, l’Illinois e’ diventato il 16° stato degli Usa ad aver abolito la pena capitale.
Per quanto riguarda Asia e Pacifico, nel 2010 Amnesty non ha potuto fornire dati complessivi sull’uso della pena di morte in Cina, Corea del Nord, Malesia, Singapore e Vietnam, tutti paesi in cui e’ comunque certo che vi siano state esecuzioni. Sono state registrate almeno 82 esecuzioni in altri cinque paesi della regione. Undici paesi hanno emesso sentenze capitali ma hanno continuato a non eseguire condanne a morte: Afghanistan, Brunei Darussalam, Corea del Sud, India, Indonesia, Laos, Maldive, Myanmar, Pakistan, Sri Lanka e Thailandia.
Le isole del Pacifico sono rimaste zona libera dalle condanne a morte e dalle esecuzioni.
Nel gennaio 2010 il presidente della Mongolia ha annunciato una moratoria sulle esecuzioni in vista dell’abolizione della pena di morte.
Dopo che nel 2009 non erano state registrate esecuzioni in Europa e nelle ex repubbliche sovietiche, nel marzo 2010 in Bielorussia sono state eseguite due condanne a morte e ne sono state emesse altre tre.
Rispetto al 2009, sono state registrate meno condanne a morte ed esecuzioni in Medioriente e Nordafrica. Tuttavia, laddove e’ stata applicata, la pena di morte e’ stata spesso usata al termine di processi iniqui e per reati, quali quelli legati alla droga e all’adulterio, che non sono riconosciuti come ‘reati piu’ gravi’ e dunque in violazione delle norme internazionali.
In Algeria, Giordania, Kuwait, Libano, Marocco e Sahara Occidentale, Tunisia ed Emirati Arabi Uniti sono state emesse condanne a morte ma hanno continuato a non registrarsi esecuzioni.
Le autorita’ dell’Iran hanno ammesso l’esecuzione di 252 prigionieri, tra cui cinque donne e un minorenne. Amnesty International ha ricevuto resoconti credibili relativi a oltre 300 ulteriori esecuzioni ufficialmente non rese note, la maggior parte delle quali nella prigione di Vakilabad, provincia di Mashhad, e per reati legati alla droga. Quattordici sono state le esecuzioni in pubblico. Nel paese, continuano e essere emesse un gran numero di sentenze capitali.
Nell’Africa subsahariana, nel 2010 un altro paese, il Gabon, ha eliminato la pena di morte, diventando cosi’ il 16° paese abolizionista dell’Unione africana.
Esecuzioni hanno avuto luogo in quattro paesi: Botswana (1), Guinea Equatoriale (4), Somalia (almeno 8) e Sudan (almeno 6). (Fonti: AI, 28/03/2011)

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