LA SITUAZIONE AD OGGI
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L’evoluzione positiva verso l’abolizione della pena di morte in atto nel mondo da oltre dieci anni, si è confermata anche nei primi nove mesi del 2008.
I paesi o i territori che hanno deciso di abolirla per legge o in pratica sono oggi
150. Di questi, i paesi totalmente abolizionisti sono
95; gli abolizionisti per crimini ordinari sono
7; quelli che attuano una moratoria delle esecuzioni sono
4; i paesi abolizionisti di fatto, che non eseguono sentenze capitali da oltre dieci anni o che si sono impegnati internazionalmente ad abolire la pena di morte, sono
44.
I paesi mantenitori della pena di morte sono
47, a fronte dei
49 del 2007, dei
51 del 2006 e dei
54 del 2005. Nei primi nove mesi del 2008, è diminuito il numero di paesi che hanno fatto ricorso alle esecuzioni capitali: sono stati
18, a fronte dei
26 del 2007 e dei
28 del 2006.
Nei primi nove mesi del 2008, vi sono state almeno
5.454 esecuzioni, a fronte delle almeno
5.851 del 2007 e delle almeno
5.635 del 2006. Una diminuzione significativa rispetto allo stesso periodo del 2007, dovuta sicuramente alla approvazione, il 18 dicembre 2007, della risoluzione delle Nazioni Unite sulla moratoria universale delle esecuzioni capitali.
Nei primi nove mesi del 2008 non si sono registrate esecuzioni in
6 paesi che le avevano effettuate nel 2007:
Afghanistan (erano state 15),
Bangladesh (6),
Etiopia (1),
Guinea Equatoriale (3),
Kuwait (almeno 1) e
Singapore (2).
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Dei
47 mantenitori della pena di morte,
38 sono paesi dittatoriali, autoritari o illiberali. In
18 di questi paesi, nei primi mesi del 2008, sono state compiute almeno
5.409 esecuzioni, oltre il
99% del totale mondiale. A ben vedere, in tutti questi paesi, la soluzione definitiva del problema, più che alla lotta contro la pena di morte, attiene alla lotta per la democrazia, l’affermazione dello Stato di diritto, la promozione e il rispetto dei diritti politici e delle libertà civili.
Sul terribile podio dei primi tre paesi che nei primi mesi del 2008 hanno compiuto più esecuzioni nel mondo figurano, come nel 2007, tre paesi autoritari: la
Cina, l’
Iran e l’
Arabia Saudita.
Dei paesi mantenitori della pena di morte, sono solo
9 quelli che possiamo definire di democrazia liberale, con ciò considerando non solo il sistema politico del paese, ma anche il sistema dei diritti umani, il rispetto dei diritti civili e politici, delle libertà economiche e delle regole dello Stato di diritto.
Le democrazie liberali che nei primi mesi del 2008 hanno praticato la pena di morte sono state
4 e hanno effettuato in tutto
45 esecuzioni, meno dell’
1% del totale mondiale:
Stati Uniti (
24),
Giappone (
13),
Indonesia (almeno
7) e
Botswana (almeno
1). Esecuzioni potrebbero essere avvenute anche in
Mongolia, anche se non risultano dati ufficiali.
Ancora una volta, l’
Asia si conferma essere il continente dove si pratica la quasi totalità della pena di morte nel mondo. Se contiamo che in
Cina vi sono state almeno 5.000 esecuzioni (anche se diminuite rispetto all’anno precedente), il dato complessivo dei primi nove mesi del 2008 nel continente asiatico corrisponde ad almeno
5.410 esecuzioni, in netto calo rispetto al 2007 quando erano state almeno
5.782 e al 2006 quando erano state almeno
5.492.
Le
Americhe sarebbero un continente praticamente libero dalla pena di morte, se non fosse per gli Stati Uniti, l’unico paese del continente che ha compiuto esecuzioni nei primi nove mesi del 2008:
24 le persone giustiziate (erano state Â
42 nel 2007 e
53 nel 2006).
In
Africa, nei primi nove mesi del 2008 la pena di morte è stata eseguita solo in
4 paesi (erano stati 7 nel 2007) dove sono state registrate almeno
17 esecuzioni –
Botswana (almeno 1),
Libia (almeno 6),
Somalia (almeno 3) e
Sudan (almeno 7) – contro le almeno
26 del 2007 e le
87 del 2006 effettuate in tutto il continente. Da notare che
Etiopia e
Guinea Equatoriale che nel 2007 hanno giustiziato rispettivamente 1 e 3 persone, non hanno effettuato esecuzioni nel 2008, mentre in
Egitto, dove nel 2007 è stato effettuato un numero imprecisato di esecuzioni, non risultano esecuzioni quest’anno, almeno ufficialmente.
In
Europa, la
Bielorussia continua a costituire l’unica eccezione in un continente altrimenti totalmente libero dalla pena di morte. Secondo quanto reso noto dalla Corte Suprema,
3 esecuzioni sono state effettuate nel febbraio del 2008. Ne era stata effettuata 1 nel novembre del 2007 e, secondo i dati OSCE, almeno 3 esecuzioni nel 2006 e 4 nel 2005.
Dopo che nel 2007, ben
8 paesi hanno cambiato status rafforzando ulteriormente il fronte a vario titolo abolizionista, altri
4 lo hanno fatto nei primi nove mesi del 2008: l’
Uzbekistan è passato da mantenitore ad abolizionista il 1° gennaio 2008;
Saint Kitts e Nevis e
Sierra Leone hanno superato dieci anni senza praticare la pena di morte e quindi vanno considerati abolizionisti di fatto. Il 6 agosto 2008, con l’abolizione del Codice di Giustizia Militare, l’
Argentina, già abolizionista per crimini ordinari, ha cancellato anche l’ultima traccia di pena di morte presente nell’ordinamento del Paese. In linea con questa decisione, il 2 settembre 2008, l’Argentina ha ratificato anche il Secondo Protocollo Opzionale al Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici e il Protocollo alla Convenzione Americana sui diritti umani, entrambi relativi all’abolizione della pena di morte.
Il 9 ottobre 2008, in
Italia, il Senato ha approvato il disegno di legge di ratifica del Tredicesimo Protocollo alla Convenzione Europea per la Protezione dei Diritti Umani e delle Libertà Fondamentali, relativo all’abolizione della pena di morte in tutte le circostanze. Il via libera definitivo dell’assemblea di Palazzo Madama è giunto dopo l’approvazione della Camera dei Deputati avvenuta il 24 settembre. La pena di morte era stata cancellata anche dalla Costituzione nel 2007.
Nei primi nove mesi del 2008, ulteriori passi significativi verso l’abolizione o fatti comunque positivi come commutazioni collettive di pene capitali si sono verificati in alcuni paesi. Nel maggio 2008, il presidente del
Camerun ha firmato un decreto che commuta in ergastolo le condanne a morte e riduce a 20 anni di carcere la pena di chi ha già ricevuto la commutazione in ergastolo della propria condanna capitale. Nell’aprile 2008,
Cuba ha annunciato la commutazione di tutte le condanne a morte. Nei primi di luglio 2008, il
Pakistan ha deciso la conversione delle condanne a morte in ergastolo a beneficio di circa 7.000 prigionieri. Nell’agosto 2008, 52 detenuti di
Trinidad e Tobago, giudicati colpevoli di omicidio, si sono visti commutare la condanna capitale in ergastolo. Per il terzo anno consecutivo
Taiwan non ha effettuato esecuzioni.
Per quanto riguarda gli
Stati Uniti, dopo che nel 2007 il
New Jersey è diventato il primo Stato Usa in quarant’anni ad abolire la pena di morte, l’
Illinois, per il nono anno consecutivo, ha rispettato la moratoria delle esecuzioni. I dubbi sul metodo dell’iniezione letale hanno investito della questione la Corte Suprema e di fatto portato ad una sospensione delle esecuzioni in molti stati che è iniziata nel settembre del 2007 e si è protratta per otto mesi fino a maggio 2008. Questo ha fatto sì che le esecuzioni nei primi nove mesi del 2008 siano state “solo†24, mentre nel 2007 erano state 42, il numero più basso degli ultimi 14 anni.
Sul fronte opposto, nei primi nove mesi del 2008, per la prima volta non si sono registrate esecuzioni in paesi che le avevano sospese da molti anni, a fronte dei 2 Stati (Afghanistan ed Etiopia) che nel 2007 avevano ripreso a praticare la pena di morte dopo alcuni anni di sospensione e in rapporto ai 6 del 2006.
Nel febbraio del 2008, il parlamento del
Guatemala ha approvato una legge che pone fine alla moratoria delle esecuzioni capitali in atto dal 2002, ma il Presidente Alvaro Colom ha posto il veto.
Nel luglio del 2008, la
Liberia ha introdotto la pena di morte per alcuni reati violenti, in aperta violazione con gli obblighi sottoscritti dal Paese a livello internazionale.
Il 21 aprile 2008, la Corte Suprema degli
Stati Uniti ha dato il via libera alle esecuzioni dopo che, il 16 aprile, la stessa Corte ha riconosciuto la costituzionalità dell’iniezione letale. Il 6 maggio 2008, un uomo è stato giustiziato in
Georgia mediante iniezione letale, mettendo fine alla moratoria di fatto delle esecuzioni negli Stati Uniti, iniziata il 25 settembre 2007.
PENA DI MORTE IN BASE ALLA SHARIA
Nei primi nove mesi del 2008, almeno
373 esecuzioni, contro le almeno
754 esecuzioni del 2007 e le
546 del 2006, sono state effettuate in
11 paesi a maggioranza musulmana (nel 2007 erano stati 15), molte delle quali ordinate da tribunali islamici in base a una stretta applicazione della Sharia.
Sono
19 i paesi mantenitori che hanno nei loro ordinamenti giuridici richiami espliciti alla Sharia.
Ma il problema non è il Corano, perché non tutti i paesi islamici che a esso si ispirano praticano la pena di morte o fanno di quel testo il proprio codice penale, civile o, addirittura, la propria Carta fondamentale. Il problema è la traduzione letterale di un testo millenario in norme penali, punizioni e prescrizioni valide per i nostri giorni, operata da regimi fondamentalisti, dittatoriali o autoritari al fine di impedire qualsiasi processo democratico.
Dei
49 paesi a maggioranza musulmana nel mondo,
24 possono essere considerati a vario titolo abolizionisti, mentre i mantenitori della pena di morte sono
25, dei quali
11 l’hanno praticata nei primi nove mesi del 2008.
Impiccagione, decapitazione e fucilazione, sono stati i metodi con cui è stata applicata la Sharia nei primi nove mesi del 2008. La lapidazione è stata imposta in sentenza, ma non praticata, mentre nel 2007 almeno un uomo è stato lapidato in Iran.
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PENA DI MORTE NEI CONFRONTI DI MINORI
Applicare la pena di morte a persone che avevano meno di 18 anni al momento del reato è in aperto contrasto con quanto stabilito dal Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici e dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti del Fanciullo. Quest’ultima, che tra i patti internazionali è quello che ha registrato il maggior numero di ratifiche, all’articolo 37 (a) stabilisce: “Né la pena capitale né l’imprigionamento a vita senza possibilità di rilascio devono essere decretati per reati commessi da persone di età inferiore a diciotto anni.â€
Nei primi nove mesi del 2008, almeno
7 minori sono stati giustiziati in
Iran, l’unico paese in cui risulta sia stata praticata la pena di morte nel 2008 nei confronti di persone che avevano meno di 18 anni al momento del reato. Nel 2007, erano stati giustiziati nel mondo almeno
12 minorenni: in
Iran (almeno 7),
Arabia Saudita (3),
Pakistan (1) e
Yemen (1). Nel 2006, le esecuzioni di minori erano state almeno 8, di cui 7 in Iran e 1 in Pakistan.
LA PENA DI MORTE “TOP SECRETâ€
Molti paesi, per lo più autoritari, non forniscono statistiche ufficiali sull’applicazione della pena di morte, per cui il numero delle esecuzioni potrebbe essere molto più alto.
In alcuni casi, come la
Cina e il
Vietnam, la questione è considerata un segreto di Stato e le notizie di esecuzioni riportate dai giornali locali o da fonti indipendenti rappresentano una minima parte del fenomeno.
Anche in
Bielorussia e
Mongolia vige il segreto di Stato, retaggio della tradizione sovietica, e le notizie sulle esecuzioni filtrano dalle prigioni tramite parenti dei giustiziati o organizzazioni internazionali molto tempo dopo la data dell’esecuzione.
In quasi tutti gli altri paesi autoritari, come
Iran, Yemen e Sudan, dove pure non esiste segreto di Stato sulla pena di morte, le sole informazioni disponibili sulle esecuzioni sono tratte da notizie uscite su media statali o da fonti ufficiose o indipendenti, che evidentemente non riportano tutti i fatti. Il 14 settembre 2008, nel tentativo di arginare le proteste internazionali, le autorità iraniane hanno vietato ai giornali del paese di pubblicare notizie relative a esecuzioni capitali, in particolar modo di minorenni.
Ci sono poi situazioni in cui le esecuzioni sono tenute assolutamente nascoste e le notizie non filtrano nemmeno dai giornali locali. È il caso della
Corea del Nord.
Il 7 ottobre 2008, l’Independent ha denunciato il fatto che in
Iraq le esecuzioni segrete non si sono mai fermate, nemmeno con l’attuale governo di Nouri al-Maliki.
Vi sono, infine, paesi come
Arabia Saudita,
Botswana e
Giappone, dove le esecuzioni sono di dominio pubblico solo una volta che sono state effettuate, mentre familiari, avvocati e gli stessi condannati a morte sono tenuti all’oscuro di tutto.
A ben vedere, in questi paesi, la soluzione definitiva del problema, più che alla lotta contro la pena di morte, attiene alla lotta per la trasparenza nel sistema della pena capitale, per la democrazia, l’affermazione dello Stato di diritto, la promozione e il rispetto dei diritti politici e delle libertà civili.
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LE PROSPETTIVE DELLA CAMPAGNA DI NESSUNO TOCCHI CAINO PER LA MORATORIA UNIVERSALE DELLE ESECUZIONI CAPITALI
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Dopo l’approvazione della Risoluzione, il 18 dicembre scorso, alcuni commentatori hanno tentato di sminuirne il valore e la portata, dicendo che “tanto non serve a nullaâ€, non ha nessun valore giuridico, vincolante per gli Stati. Che le Nazioni Unite non possano, per il loro stesso Statuto, imporre a nessun Paese membro, meno che mai tramite una Risoluzione dell’Assemblea Generale, di abolire la pena di more, è vero. Ma il valore “moraleâ€, di indirizzo politico, di linea guida agli Stati, ancora, mantenitori della pena di morte, è innegabile... è una “linea guida†per chi ancora pratica la pena di morte. Le Nazioni Unite hanno stabilito per la prima volta che la questione della pena capitale attiene alla sfera dei diritti della persona e non della giustizia interna, e che il suo superamento segna un importante progresso nel sistema dei diritti umani.
Il solo annuncio della iniziativa al Palazzo di Vetro aveva già provocato nel corso del 2007 molti fatti positivi a cui se ne sono aggiunti altri nei primi nove mesi di quest’anno, come documenta il monitoraggio quotidiano di Nessuno tocchi Caino: fatti come abolizioni e moratorie che sono stati segnalati anche nel Rapporto del Segretario Generale dell’ONU depositato all’apertura all’Assemblea Generale in corso.
Che nel corso del 2007 e nei primi mesi del 2008 le condanne a morte emesse dai tribunali cinesi siano poi diminuite fino al 30% o che Cuba abbia commutato tutte le condanne a morte, sono fatti che, certo, non preludono all’abolizione immediata della pena di morte né a cambiamenti radicali in senso democratico in questi Paesi, ma di fatto vanno nella direzione indicata dalla Risoluzione delle Nazioni Unite sulla moratoria universale delle esecuzioni capitali.
Come espressamente prevede la risoluzione approvata nel dicembre scorso, il punto è già all’ordine del giorno della Assemblea Generale che si è appena aperta a New York. La sessione di quest’anno non può essere un passaggio solo procedurale o, all’opposto, l’ennesimo tentativo di cambiare il dispositivo della risoluzione per “rafforzarlo†nel senso dell’abolizione. Perché la posizione dell’ONU sia rafforzata, basta che essa sia consolidata attraverso pronunce successive dell’Assemblea Generale nei prossimi anni che ribadiscano la richiesta di moratoria, che costituisce la “via maestra†per giungere all’abolizione della pena di morte.
Nella Unione Europea, uno dei punti di contrasto è stato sulla strategia da seguire per giungere all’abolizione della pena di morte. L’anno scorso, il Governo italiano ha dovuto insistere molto e, alla fine, ha convinto i partner europei del fatto che la Risoluzione dovesse avere l’obiettivo della moratoria e non dell’abolizione tout court della pena di morte... La scelta della moratoria indica non solo un obiettivo - una sorta di “tregua†nella pratica della pena di morte, preparatoria della fine della “guerra†(l’abolizione definitiva della pena di morte) - ma anche un metodo più democratico, liberale, non “autoritario†di lotta alla pena di morte, la cui abolizione presuppone il rispetto di regole e tempi parlamentari necessari per arrivare a cambiare costituzioni, leggi e codici...
Questa impostazione anti-fondamentalista della campagna pro moratoria ha dato maggiore respiro all’iniziativa evitando che fosse percepita come un’imposizione dei “civilizzati†europei nei confronti del resto del mondo, i “barbari†da “civilizzareâ€. Non è un caso che anche Paesi che mantenevano la pena di morte come il Burundi o l’Uzbekistan, l’anno scorso, si siano schierati a favore della Risoluzione e che altri abbiano deciso di non opporsi astenendosi, come hanno fatto il Ciad, la Guinea Equatoriale, la Guinea, gli Emirati Arabi, il Libano o il Vietnam.
Ma c’è un punto di sostanza con cui la nuova risoluzione può essere davvero politicamente rafforzata: l’abolizione non della pena di morte, ma del segreto di Stato sulla pena di morte. Perché molti Paesi, per lo più autoritari, non forniscono informazioni sulla sua applicazione, e la mancanza di informazione dell’opinione pubblica al riguardo è anche causa diretta di un maggior numero di esecuzioni. A ben vedere, in questi Paesi, la soluzione definitiva del problema, più che la pena di morte, riguarda la Democrazia, lo Stato di Diritto, la promozione e il rispetto dei diritti politici e delle libertà civili. Intanto, però, chiediamo che nella nuova risoluzione sia presente la richiesta a tutti gli Stati mantenitori di rendere effettivamente disponili al Segretario Generale dell’ONU e all’opinione pubblica tutte le informazioni riguardanti la pena capitale e le esecuzioni.
A tal fine, chiediamo anche che la nuova risoluzione preveda la figura di un Inviato Speciale del Segretario Generale, che abbia il compito non solo di monitorare la situazione, ma anche di favorire e accelerare i processi interni ai vari Paesi volti a soddisfare la richiesta delle Nazioni Unite di moratoria delle esecuzioni oltre che di una maggiore trasparenza nel sistema della pena capitale.
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LA PENA DI MORTE NEL MONDO
(al 10 ottobre 2008)
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Fonte:
Nessuno tocchi Caino
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Abolizionisti:
95
Albania, Andorra, Angola,
Argentina, Armenia, Australia, Austria, Azerbaigian, Belgio, Bermuda*, Bhutan, Bolivia, Bosnia-Erzegovina, Bulgaria, Cambogia, Canada, Capo Verde, Cipro, Città del Vaticano*, Colombia, Costa d’Avorio, Costarica, Croazia, Danimarca, Ecuador, Estonia, Filippine, Finlandia, Francia, Georgia, Germania, Gibuti, Grecia, Guinea Bissau, Haiti, Honduras, Irlanda, Islanda, Isole Cook*, Isole Marshall, Isole Salomone, Italia, Kirghizistan, Kiribati, Liechtenstein, Lituania, Lussemburgo, Macedonia (Ex Repubblica Iugoslava di), Malta, Mauritius, Messico, Micronesia (Stati Federati della), Moldova, Monaco, Montenegro, Mozambico, Namibia, Nepal, Nicaragua, Norvegia, Nuova Zelanda, Paesi Bassi, Palau, Panama, Paraguay, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Repubblica Ceca, Repubblica Dominicana, Romania, Ruanda, Samoa, San Marino, São Tomé e Principe, Senegal, Serbia, Seychelles, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Sudafrica, Svezia, Svizzera, Tagikistan, Timor Est, Turchia, Turkmenistan, Tuvalu, Ucraina, Ungheria, Uruguay,
Uzbekistan, Vanuatu e Venezuela.
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Abolizionisti per crimini ordinari:
7
Brasile, Cile, El Salvador, Figi, Israele, Lettonia e Perù.
Â
Abolizionisti di fatto (non eseguono sentenze capitali da almeno 10 anni o si sono impegnati internazionalmente ad abolire la pena di morte; tra parentesi l’anno dell’ultima esecuzione):
44
Antigua e Barbuda (1991), Barbados (1984), Belize (1985), Benin (1993), Birmania (1988), Brunei Darussalam (1957), Burkina Faso (1988), Camerun (1988), Comore (1997), Congo (1982), Corea del Sud (1997), Dominica (1986), Eritrea (non risultano esecuzioni dall’indipendenza del paese nel 1993), Gabon (1985), Gambia (1981), Ghana (1993), Giamaica (1988), Grenada (1978), Guyana (1997), Kenia (1987), Laos (1989), Lesotho (1995),
Liberia (2000), Madagascar (1958), Malawi (1992), Maldive (1952), Marocco (1993), Mauritania (1987), Nauru (nessuna sentenza eseguita dall’indipendenza, 1968), Niger (nessuna esecuzione o condanna a morte dal 1976), Papua Nuova Guinea (1957), Repubblica Centroafricana (1981), Santa Lucia (1995),
Saint Kitts e Nevis (1998), Saint Vincent e Grenadine (1995),
Sierra Leone (1998), Sri Lanka (1976), Suriname (1982), Swaziland (1982), Tanzania (1994), Togo (1978), Tonga (1982), Tunisia (1991) e Zambia (1997).
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Paesi che attuano una moratoria delle esecuzioni:
4
Algeria, Kazakistan, Mali e
Russia.
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Mantenitori:
47
Afghanistan, Arabia Saudita, Autorità Nazionale Palestinese*, Bahamas, Bahrein, Bangladesh, Bielorussia, Botswana, Burundi, Ciad, Cina, Corea del Nord, Cuba, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia, Giappone, Giordania, Guatemala, Guinea, Guinea Equatoriale, India, Indonesia, Iran, Iraq, Kuwait, Libano, Libia, Malesia, Mongolia, Nigeria, Oman, Pakistan, Qatar, Repubblica Democratica del Congo, Singapore, Siria, Somalia, Stati Uniti d’America, Sudan, Taiwan*, Thailandia, Trinidad e Tobago, Uganda, Vietnam, Yemen e Zimbabwe.
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Sottolineati, i Paesi (
2) impegnati a livello internazionale a non applicare la pena di morte
In
grassetto, le democrazie liberali
1 (
9) che mantengono la pena di morte
In
corsivo, le novità (
5) rispetto al 2007
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* Stati non membri dell’ONU
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1 La classificazione “democrazia liberale†si basa sui criteri analitici usati in “Libertà nel mondo 2008â€, il rapporto annuale di Freedom House sulla situazione dei diritti politici e delle libertà civili paese per paese (www.freedomhouse.org).
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ESECUZIONI NEI PRIMI NOVE MESI DEL 2008
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Fonte: Nessuno tocchi Caino
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Almeno 5.454 esecuzioni sono state effettuate in 18 paesi nei primi nove mesi del 2008.
Cina: almeno 5.000
Iran: almeno 228
Arabia Saudita: almeno 71
Corea del Nord: almeno 37
Iraq: almeno 28
Stati Uniti: 24
Pakistan: almeno 17
Giappone: 13
Sudan: almeno 7
Indonesia: almeno 7
Libia: almeno 6
Yemen: almeno 4
Somalia: almeno 3
Vietnam: almeno 3
Bielorussia: almeno 3
Bahrein, almeno 1
Botswana: almeno 1
Emirati Arabi Uniti, almeno 1
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Non esistono dati ufficiali ma un numero imprecisato di esecuzioni potrebbero essere avvenute anche in Egitto, Mongolia e Siria.
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Non risulta vi siano state esecuzioni nei primi nove mesi del 2008 in Afghanistan, Bangladesh, Etiopia, Guinea Equatoriale, Kuwait e Singapore, paesi che le avevano effettuate nel 2007.
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In grassetto, le democrazie liberali1Â (5) che hanno effettuato esecuzioni (almeno 45)
In corsivo le novità (2) rispetto al 2007
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1 La classificazione “democrazia liberale†si basa sui criteri analitici usati in “Libertà nel mondo 2008â€, il rapporto annuale di Freedom House sulla situazione dei diritti politici e delle libertà civili paese per paese (www.freedomhouse.org).
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