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SENTENZA CORTE DI ASSISE DI APPELLO DI FIRENZE
SENTENZA CORTE DI ASSISE DI APPELLO DI FIRENZE
Elementi di responsabilitĂ . Critica
Avv. Giuseppe Rossodivita
âA conclusioni analoghe si deve pervenire per ciò che riguarda gli imputati DâElia, Petrella e Marcetti.
GiĂ sono state riferite alcune circostanze che dimostrano che il DâElia fu uno degli ideatori del piano di evasione.
Si è fatto cenno dei dibattiti che il suindicato imputato teneva con gli altri detenuti sino a pochi giorni prima del tentativo di evasione, mentre era anchâegli detenuto alle Murate. Si è detto poi che fu proprio il DâElia a chiedere a Pioli Marino informazioni sulla possibilitĂ di trasformare in ricetrasmittente un comune apparecchio radio. Lâimputato poi, nel corso del dibattimento di secondo grado, pur non intendendo parlare di fatti specifici, ha detto di non negare di essere stato a conoscenza dellâoperazione di via delle Casine e di assumersi le sue responsabilitĂ al riguardo. Tale assunzione di responsabilitĂ non può avere altro significato che quello di una sua personale partecipazione alla preparazione del progetto di evasione, desumibile dalle circostanze sopra indicate e confacente del resto al ruolo di primissimo piano che egli aveva nella realtĂ fiorentina di Prima Linea, di cui era allâepoca uno dei massimi esponenti assieme alla Petrella ed al Marcetti, essendosi intanto Solimano Nicola trasferito in altra sede. Va ritenuto per certo, allora, che il DâElia partecipò al tentativo di evasione, conoscendone tutte le modalitĂ , prendendo parte allâideazione ed alla preparazione del piano. Ciò basta per ritenerlo responsabile dellâepisodio delittuoso in esame, cui fornĂŹ un rilevante contributo. Eâ per tale motivo che non è stata accolta la richiesta difensiva volta ad accertare se il DâElia, il giorno in cui si verificarono i fatti, fosse alloggiato in un albergo di Roma. Appare evidente infatti, che un simile accertamento non avrebbe influito in alcun modo sulla sua posizione processuale, essendo egli chiamato a rispondere dei reati in esame sulla base di quanto fece mentre era in carcere.â
Queste sono le motivazioni in base alle quali la Corte di Assise di Appello di Firenze ha condannato DâElia per lâepisodio dellâevasione ove rimase ucciso a seguito di un conflitto a fuoco lâagente di PS Dionisi.
La decisione della Corte di Assise di Appello, pur facendo venir meno il criterio di imputazione della responsabilitĂ utilizzato dai giudici di primo grado (teorema per cui il dirigente locale, con responsabilitĂ anche a livello nazionale deve rispondere di tutte le azioni condotte dalle singole squadre sul territorio di competenza) con la conseguente assoluzione per 51 capi di imputazione rispetto ai quali non vi erano prove della diretta partecipazione di DâElia, nel caso di specie, per lâepisodio delle Murate utilizza elementi che sia singolarmente considerati, sia considerati nel loro complesso, appaiono essere generici e, per altro verso, discutibili.
Occorre infatti considerare che a carico degli altri coimputati dello stesso reato, nel corso del processo sono state effettuate numerose reciproche chiamate di correo sostanzialmente coincidenti quanto a contenuti.
In base a tali chiamate di correo la Corte ha potuto ricostruire con sufficiente precisione coloro che ebbero una parte attiva nellâazione, sia con riferimento al momento ideativo, organizzativo e deliberativo, sia con riferimento al momento esecutivo.
Tutto questo è completamente assente per DâElia.
Non esiste infatti una sola dichiarazione che chiami direttamente in causa DâElia per lâepisodio delle Murate.
Esistono invece dichiarazioni generiche e al massimo indizianti che peraltro si riferiscono alla sola circostanza â insufficiente per pervenire ad una sentenza di condanna ex art. 110 c.p. - che DâElia poteva essere a conoscenza del piano e non fece nulla per impedirlo.
Tali sono infatti le dichiarazioni che attestano
-Â Â Â Â Â Â Â Â che DâElia svolgeva sovente dibattiti con gli altri detenuti fino a pochi giorni prima di essere liberato;
-        che DâElia aveva chiesto informazioni ad un altro detenuto comune in ordine alla possibilitĂ di modificare un apparecchio radio in un apparecchio ricetrasmittente, circostanza messa in relazione con il fatto che i detenuti avrebbero utilizzato allâinterno del carcere una radio-ricetrasmittente per comunicare con lâesterno. A tale circostanza la Corte ha dato una rilevanza eccessiva se si considera lâinterezza delle dichiarazioni rese dal detenuto, il quale afferma che non vi erano minimi accenni âa propositi di evasioneâ, che si trattava di un pour-parler, che la trasformazione, teoricamente possibile, avrebbe richiesto âuna particolare strumentazione e particolari pezzi da utilizzareâ e che, infine, nessuno una volta uscito dal carcere (due mesi prima del tentativo di evasione) lo aveva cercato per far modificare una radio in ricetrasmittente. (1). Ma câè dellâaltro. La Corte, nel sostenere la tesi del coinvolgimento di DâElia, sostiene esservi âuna progressione temporale, perchĂŠ il fatto riferito dal Pioli si colloca nel DICEMBRE 1977, e quello, di cui parla lâArena, nel gennaio 1978â. Eâ un dato di fatto, invece, che il detenuto in questione è stato detenuto alle Murate per soli cinque giorni, non nel dicembre, ma nel NOVEMBRE 1977. Detto errore, è stato funzionale per configurare quella âprogressione temporaleâ dei fatti di cui parla la sentenza di condanna. Perchè i due militanti di Prima Linea, Raffaele Iemulo e Giorgio Pernazza, che dovevano evadere dal carcere sono stati arrestati e ristretti alle Murate il 17 DICEMBRE 1977, ed è solo dopo il loro arresto che PL decide di preparare un piano di evasione. Ma se quelli di PL che dovevano evadere sono stati arrestati a dicembre, come può lâepisodio della radio, avvenuto a novembre, essere elevato al grado di âprova specificaâ del coinvolgimento di DâElia, come dice la sentenza di condanna,ânella elaborazione, anche sul piano operativo e tecnico-logistico, del progetto dellâoperazione, di cui si tratta.â? Va infine aggiunto che, sul punto, i protagonisti della vicenda hanno sempre negato che vi fosse una ricetrasmittente allâinterno del carcere ed hanno sostenuto che i detenuti comunicavano con lâesterno per il tramite di bigliettini che si scambiavano con i visitatori durante la fase organizzativa. Detta ipotetica ricetrasmittente a disposizione dei detenuti non è stata mai rinvenuta e sequestrata.
-Â Â Â Â Â Â Â Â Eâ inoltre il caso di ricordare, che la Polizia intervenne, non in relazione al tentativo di evasione in atto, bensĂŹ per rispondere alla segnalazione di un cittadino che aveva riconosciuto il furgone posteggiato allâesterno del carcere come quello rubato alcuni giorni prima a un suo amico.
-        La Corte dâAssise di Appello infine sostiene che le dichiarazioni con le quali DâElia si è assunto la sola responsabilitĂ politica dellâazione equivalgono invece ad una precisa assunzione di responsabilitĂ giuridica non potendo le stesse avere altro significato che quello di una sua personale partecipazione alla preparazione del progetto di evasione; partecipazione, aggiunge la Corte, confacente peraltro al ruolo di primo piano ricoperto dal DâElia stesso.
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(1) âTornando al periodo in cui fui ristretto nella casa circondariale di Firenze [dal 19 al 25 novembre 1977, NdR] lĂŹ vi era, come persona da me conosciuta, il Sergio DâElia; vi conobbi anche Bandoli Renato. DR. Non mi accennarono minimamente a propositi di evasione. Rammento però che nel parlare col Sergio e il Bandoli questi mi chiesero se era possibile trasformare una radio in ricetrasmittente. Mi chiedevano queste cose a moâ di discorso. Io dissi che teoricamente era possibile ma che occorreva una particolare strumentazione e particolari pezzi da utilizzare per la trasformazione. Escludo che una volta uscito dal carcere sia venuta da me qualche persona che rifacendosi a quei discorsi fattimi nel carcere mi abbia chiesto ulteriori ragguagli o addirittura la trasformazione di una radio in ricetrasmittente.â (Interrogatorio di Marino Pioli, reso il 26 giugno 1980)
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