In merito alla consegna delle armi a S.E. il Cardinale Martini: un atto giusto nella comune volonta', interna ed esterna al carcere, di riconciliazione umana, sociale e politica
Milano, S. Vittore Giugno 1984
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Di una generazione politica che ha tentato la radicale trasformazione dei rapporti sociali in questi anni, noi siamo parte.
Oggi veniamo processati.
L'istituto del procedimento penale si è dimostrato luogo riduttivo della ricostruzione della veritĂ sulla nostra esperienza e sul suo riattraversamento critico. Opzione devastante per un processo di verità è stata un'istruttoria condotta sotto il segno del âpentimentoâ e del premio, dei livelli di carcerazione, di libertĂ , usati quale ricatto e strumento della prova.
Ă nostra convinzione che il carcere, oltre che non sanare, aggravi piuttosto la frattura sociale e umana creatasi, impedendo ogni prassi attiva di riconciliazione e di risarcimento laddove, da una parte e dall'altra si è patito. L'esclusione âa vitaâ non può essere il risarcimento sociale che viene richiesto. Un risarcimento sociale può darsi solo da uomini tra uomini.
CosĂŹ come ci rivolgiamo alle Assemblee Elettive e Legislative di questo Paese, nell'occasione ci siamo rivolti alla Chiesa di Milano, ricettrice delle nostre dichiarazioni individuali e collettive.
Riconoscendo a questa Chiesa un ruolo esemplare per comprensione e disponibilitĂ , altri, nostri compagni negli anni scorsi ma liberi oggi dalle catene del carcere, hanno consegnato materialmente le armi, da tempo abbandonate, nella sede dell'Arcivescovado.
Una consegna extra-giudiziale delle armi perchĂŠ siamo fuori da ogni logica di guerra, rifiutiamo l'antinomia amico-nemico ed i suoi addentellati mercantili e scambiali. Una consegna nella mani della Chiesa Milanese ed in particolare del suo Arcivescovado per l'opera di riconciliazione, prima umana e sociale che politica, indicata a tutti con altrettanti inequivoci gesti.
Nello stesso senso si muove la nostra iniziativa.
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