Appello a Action directe
(di Maurice Bignami, Sergio D'Elia e altri)
Rebibbia, dicembre 1986
Non perdiamo tempo in chiacchiere inutili. Non succede tutti i giorni che qualcuno abbia bisogno di noi. A dire il vero non è che abbia bisogno precisamente di noi. Chiunque altro andrebbe bene, per lui, se non meglio. L'invocazione che abbiamo sentito è rivolta piuttosto all'intera umanità. Ma qui in questo momento l'umanità siamo noi, ci piaccia o non ci piaccia. Approfittiamone, prima che sia troppo tardi. Rappresentiamo degnamente una volta tanto quella sporca razza in cui ci ha cacciati la sfortuna, che ne dici?
È ag1i uomini di Action directe che vogliamo parlare, agli uomini armati che fanno quel che fanno per le strade d'Europa, a tutti quelli come noi che non ce la fanno a tapparsi le orecchie e che, come sentono e come sanno, rispondono con la loro umanità straziata all'umanità che soffre, muore, chiede aiuto.
Vi sarà certamente qualcosa di meglio di carcerati assassini. Si potrà fare qualcosa di diverso di quel che si è fatto e si fa per le strade d'Europa. Vi sarà un altro modo per superare l'indifferenza, e costringere chi di dovere a faro esattamente quello che vuol fare, che è talmente giusto fare che doveva essere fatto fin dalle origini.
Lontani da paesaggi deserti dov'è difficile davvero vedere le sfumature, sospesi nella corsa verso la morte, noi siamo nel sottosuolo dove il tempo si ferma.
Fortunati noi, che il progresso non esaurisce la nostra sostanza. In questo momento l'umanità siamo noi, ci piaccia o non ci piaccia.
Fortunati noi, che non dobbiamo consumarci nell'attesa.
Aspettare? Perché, cosa? Un futuro migliore, il Messia e tutti i Messia che l'uomo si è inventato in questi millenni di parusie impossibili?
Il nuovo è inattendibile e non è nemmeno auspicabile, perché non verrà, perché seppur verrà sarà qualcosa di molto diverso da come lo si è sognato, si presenterà all'istante nella forma banale e triste di un qualche realismo.
Per chi può, tutto è già successo: il Cristo è giunto sulla terra, l'hanno inchiodato, è ritornato al Padre.
Poi, se proprio uno vuole, può aspettare ogni anno ritorno di Babbo Natale.
È l'attesa del nuovo, è il sogno come valore che hanno esaurito ogni progresso, e hanno sortito il dominio dell'indifferenza. Progredendo in questo senso, dell'uomo alla fine non rimane più nulla.
Sarebbe il caso di fermarsi.
E realizzare il sogno qui e ora, vivere la vita e salvare l'umanità; qui, ora.
«Se uno versa il sangue del malvagio, è come se avesse offerto un sacrificio».
Plus jamais ça!
Semmai, volendo cedere all'impulso di agire, all'impulso di uccidere, insomma a voler far le cose per bene, bisognerebbe ammazzarsi.
Se invece vogliamo cedere alla tentazione di esistere, facciamolo subito, arrestiamo la corsa verso la morte, blocchiamo i tentativi maldestri di esistere, evitiamo che uno più maldestro degli altri decida della vita di tutti.
Si può rischiare la pelle se si pensa che valga la pena di mettere in gioco la propria vita, ma nulla vale quella del nostro vicino.
La vita non è un valore astratto, da gustarsi nella sicurezza scandalosa del perbenista, che si cura soprattutto della purezza della propria anima.
Non ci interessa avere la coscienza pu1ita.
La vita è un bene concreto, vale a dire un compromesso.
La pace non è un bene astratto, da consumarsi nell'indifferenza di chi pensa che se toccata in un punto allora è negata in ogni caso. Non ci interessa la Pace nel Mondo.
La pace è un bene concreto, vale a dire un compromesso.
In questo mondo, non si può avere la coscienza pulita e la pace nel cuore; si ha sempre la coscienza sporca e il cuore in tumulto. Ci piacerebbe allora essere uomini di pace, imparare l'arte della mediazione, dell'equilibrio tra il possibile e il doveroso, ovverosia fare esattamente il possibile.
Più che la Ragione e la Virtù, preferiamo senz'altro la ragionevolezza e il virtuosismo di una giornata di tregua, dall'alba al tramonto.
Ed è forse anche per questo che vale la pena parlare, compagni assassini.
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